Un viaggio in rete alla scoperta delle nostre ultime metamorfosi
Si chiama “Farm to Fork” (F2F) letteralmente “dalla fattoria alla forchetta”, in altre parole “dal produttore al consumatore”. È il nome del programma europeo a supporto dell’intera filiera agroalimentare, un progetto ambizioso, lanciato a maggio 2020 – subito dopo la prima ondata della pandemia – ed è il cuore del green deal europeo. L’obiettivo è, entro il 2030, di trasformare il sistema alimentare europeo, rendendolo più sano, equo e sostenibile.
Parte da qui la terza tappa del nostro viaggio – attraverso la piattaforma web distilled – alla scoperta, questa volta, dell’agricoltura di domani. Un sistema alla ricerca di nuovi equilibri tra ecologia e tecnologia, all’insegna della sostenibilità, dell’accessibilità e della lotta agli sprechi. In rete, è ricchissimo il dibattito sul rapporto tra agricoltura e nuove tecnologie: piani di sviluppo, convegni, hub territoriali, reti tra imprese e centri di ricerca, startup. Dall’inizio dell’anno, gli articoli, le news online, i blog e i post che citano le espressioni “agritech”, “foodtech” o “smart agricolture” sono oltre 32mila, per l’85% dei casi in lingua inglese, ma l’Italia non è affatto da meno.
Tra gli ecosistemi dell’innovazione previsti dal PNRR – dovrebbero essere 12 in tutta Italia – viene definito quello dedicato alle tecnologie per l’agricoltura. Dovrebbe avere sede a Napoli, nell’area dismessa della ex Manifattura Tabacchi di Napoli est, e valorizzare quell’impianto di competenze e di relazioni che si è sviluppato negli anni in ambito “agritech”. È in questo contesto che opera una delle realtà oggi più interessanti sul tema. Si tratta di RuralHack, una task force composta da ricercatori, attivisti, contadini, hacker, manager e artisti, che “realizza progetti che tengono insieme l’innovazione sociale con l’agricoltura di qualità per la riattivazione delle comunità rurali in armonia con gli strumenti dell’innovazione digitale.
E, proprio in occasione di un evento andato in diretta sulla pagina facebook di RuralHack, l’ex Ministro alle Politiche Agricole Maurizio Martina ha dichiarato: “Più conoscenza per ettaro. La sfida storica che abbiamo di fronte è questa, ovvero sviluppare processi che portino all’utilizzo della rivoluzione digitale in campo per produrre meglio consumando meno”. La sintesi perfetta di ciò che sta già accadendo: e così noi italiani – tra una pizza e un mandolino – ci mettiamo blockchain, intelligenza artificiale, sistemi IoT, digital farming, vertical farming e via dicendo. Le storie di successo si moltiplicano con uno story telling strepitoso tutto dal sapore nostrano. Ecco qualche esempio raccolto in questa prima metà dell’anno.
Alce Nero – azienda attiva in Italia da oltre 40 anni nella produzione e trasformazione di prodotti alimentari biologici – qualche mese fa lancia il progetto blockchain grazie al quale traccia l’intero ciclo di vita dell’Olio extra vergine di oliva biologico D.O.P. Terra di Bari Bitonto, grazie alla collaborazione con l’azienda hi-tech EZ Lab. In pratica su ogni bottiglia c’è un QRCode che consente di accedere a tutte le informazioni che riguardano ciascuna fase della catena produttiva.
Dal Sud al Nord, emerge NIREOS – spin-off del Politecnico di Milano, premiata e citata per le sue soluzioni di spettroscopia (producono interferometri, spettrometri e telecamere iperspettrali). Con il progetto “Spectral Camera for Agritech”, NIREOS porta sul mercato un’innovativa camera spettrale per lo Smart Farming e la Precision Agriculture. La telecamera, in pratica, consente di monitorare le coltivazioni e analizzare il terreno con elevata accuratezza ed in tempo reale, ottimizzando le risorse, riducendo gli sprechi e aumentando la qualità e la quantità di raccolto.
Continuando a surfare sul web tra agricoltura e tecnologia, è facile imbattersi in numerosi articoli riguardanti il “vertical farming”. Il Sole 24 Ore ad aprile dedica a questo tema un approfondimento estremamente interessante. Si tratta di coltivazioni in ambienti controllati dove sperimentare tecniche produttive sempre più efficienti. Il dibattito è piuttosto acceso tra chi considera questo tipo di soluzione ottimale – specialmente per gli approvvigionamenti delle città – e chi troppo oneroso in termini di risorse energetiche.
Nel frattempo, comunque, a Cavenago in provincia di Milano, Planet Farms ha dato vita ad una struttura di oltre 9mila metri quadrati in cui si producono tra le 40mila e le 60mila confezioni al giorno di insalata ed erbe aromatiche. Tutto intorno a queste soluzioni c’è un indotto di altre startup e team di ricerca, e anche una sfida: “Una Vertical Farm tira l’altra. O almeno questo è l’effetto che ha su di noi” dichiarano i fondatori. Dal “vertical farming” all’“exponential farming”, con robotica e intelligenza artificiale, ONO EF – startup italiana con sede a Verona – lancia “ONO EF Farm Zero”, una piattaforma agrobotica iper-efficiente di coltivazione intensiva verticale, modulare e scalabile, completamente automatizzata (AI).
Anche in Liguria, che tra terrazzamenti e muretti a secco di “agricoltura verticale” – anche se di tutt’altro genere – ne sappiamo qualcosa da secoli, non siamo da meno. Dal sodalizio tra due consolidate realtà genovesi – il Gruppo Fos specializzato in soluzioni tecnologiche e l’oleificio Santagata 1907 che da oltre 110 anni seleziona e commercializza olio extra vergine di qualità – è nato “Piano Green”, una startup dedicata a sviluppare digital farming solutions. Tra i suoi prodotti di punta, il Microcosmo – uno smart field simulator, con brevetto Fos S.p.A. nato in collaborazione con ENEA – e Eye Trap, un sistema di trappole intelligenti per il controllo e il monitoraggio della lotta fitosanitaria agli insetti infestanti.
E a proposito di nuove tecniche di coltivazione, a Pordenone ogni anno si incontrano ricercatori e imprenditori specializzati in vertical farming e coltivazioni fuori suolo grazie alla mostra-convegno internazionale NovelFarm. Dopo l’edizione digitale del 2021, il prossimo appuntamento in presenza è già programmato per febbraio 2022.
Insomma, avevate in mente di ritornare alla terra, trasferirvi in campagna e dedicare tempo ed energia alla natura e ai suoi ritmi? Benissimo! Abbiamo un dannato bisogno di data scientist, sviluppatori IoT, ingegneri esperti in sistemi agricoli alternativi, possibilmente con un alto grado di specializzazione tecnica e informatica. Semplice!
L’articolo è stato pubblicato sul blog 6memes del gruppo MAPS. Qui l’articolo originale.