Un anno di analisi su quanto e come emerge l’immagine di Genova mette in risalto un fatto anomalo e al tempo stesso una grande opportunità di comunicazione. Genova possiede due messaggeri, il primo con contenuti negativi (che però stanno virando al positivo), il Ponte ex Morandi e il secondo decisamente positivo, il Pesto, che direttamente o indirettamente ricorda la Liguria ma parla sempre di più inglese.

Due messaggeri portano in giro il nome di Genova in Italia e nel mondo, nel bene e nel male, a torto o a ragione, propriamente o meno. Si tratta di migliaia di informazioni, di citazioni, di suggestioni, anche di strafalcioni, come nessuna altra città al mondo può vantare, almeno negli ultimi anni. I due messaggeri sono il Pesto che nel 2019 ha viaggiato alla velocità media di 500 clip al giorno (messaggi, articoli, news e trasmissioni radio-TV) e il Ponte Morandi che quest’anno, anche se in netto calo come è ovvio rispetto al 2018, continua ad interessare con un volume di oltre 300 clip giornaliere. Nel primo caso è necessario fare un po’ di tara perché il successo del Pesto alla Genovese (nella comunicazione ha superato i tradizionali sughi a base di pomodoro) ha fatto sì che molte salse di nuova invenzione venissero pubblicizzate come “pesti” (alle melanzane, agli zucchini, alle carote, il pesto vegano, ecc.) e, anche se l’esplicita espressione di “Pesto Genovese” non è frequente (30% circa), la sua terra di origine è quasi sempre data per scontata, soprattutto quando c’è il basilico. Va da sé che non si tratta sempre del Pesto che noi conosciamo, con gli ingredienti canonici del Campionato Mondiale che si tiene a Palazzo Ducale ogni due anni, ma tant’è, migliaia di volte durante l’anno, sempre a Genova e alla Liguria va il pensiero. Il Pesto è il messaggero positivo di Genova anche quando fa brutte figure come ad esempio a Singapore a novembre o in tutta la Francia a Natale (migliaia di confezioni di un grande marchio industriale ritirate a causa di anacardi non dichiarati). Il Pesto con il basilico richiama il buon gusto, la qualità della vita, la cultura alimentare italiana. Il gran numero di messaggi è dovuto a ricette su ricette in cui si consiglia di usarlo ovunque in cucina (21.000 messaggi nel 2019 lo hanno celebrato sulla pizza, negli Stati Uniti è diventata virale la proposta di spalmarlo sul pollo fritto). Spesso nei reportage di turismo e cultura il (vero) Pesto accompagna la descrizione di altre eccellenze di Genova e Liguria (“Fuggi dalle folle d’Europa in questa affascinante città portuale italiana” titola il 14 agosto Upsider che raggiunge 2,7 milioni di persone in 1.100 località in Australia). Il pesto è il nostro Doctor Jekill, positivo, brillante: “Quando ce vo, ce vo!” posta una ragazza romana di nome Chiara riscuotendo così, semplicemente, una simpatia strepitosa nel mondo social.

Diverso l’effetto comunicativo dell’altro grande messaggero, il Ponte Morandi, un Mr Hyde che richiama sempre la tragedia anche a distanza di tempo, o che viene citato come promemoria di altri guai che perseguitano la Liguria e l’Italia, dai viadotti insicuri, al traffico insostenibile, alle schermaglie della politica nazionale che partendo dal Ponte, che fa audience, mischia il nome di Genova ai destini di qualsiasi cosa, da Atlantia, all’Alitalia, all’ex Italsider(“A Genova si piange mentre il governo cade” titolava un giornale on line addirittura dalla Nabidia). Nel 2019 si è raggiunto un picco altissimo di sentiment negativo durante la commemorazione del disastro (5.704 articoli, messaggi e news), in compenso si è visto qualche spiraglio di luce a partire da giugno quando sono stati fatti saltare i piloni 10 e 11: “Demolizione del ponte di Genova, redenzione dell’Italia ricostruendo una priorità”, ha titolato Xinhua, Cina. Pochi messaggi sui social hanno superato la soglia del cordoglio, della rabbia o della rassegnazione, uno di questi, fra i più virali del 2019, lo ha postato l’economista Carlo Cottarelli la Vigilia di Natale: ”Oggi il sindaco di Genova ha annunciato che da maggio sarà aperto al traffico il nuovo ponte sul Polcevera. Un bravo sindaco, una città che reagisce di fronte alle difficoltà, un esempio di quello che serve all’Italia. Grazie a Marco Bucci e a tutti i genovesi!”. Un altro tweet fra i più seguiti e rilanciati è un esempio della resilienza tutta ligure: “Dovevamo cambiare casa, eravamo decisi a vendere. Poi è crollato il ponte e, con lui, il mercato, rendendo le case invendibili. Allora abbiamo deciso di stare qui, sistemarla, renderla più bella, in attesa che dalla finestra si riveda un nuovo ponte. La vita va avanti” (@ricgazza, gennaio 2019)

Si tratta di segnali che i sociologi chiamano “deboli” e che tuttavia hanno in sé la potenzialità del cambiamento e interpretano un futuro possibile. La città che reagisce e lotta e insiste sui tempi da rispettare è un esempio per alcuni quasi “antiitaliano” (considerato che da noi le opere pubbliche hanno un iter medio di 16 anni).

A leggere quello che si è scritto di Genova nell’ultimo anno, di Pesto o di Ponte o attraverso loro, ci sarebbe da scrivere un romanzo. Per il finale tuttavia è meglio aspettare il 2020. Il Pesto, il nostro Doctor Jekill, parla sempre meno italiano (54% inglese, 30% italiano, 16% altre lingue) e per quanto riguarda il Ponte, il diabolico Mr Hyde, forse le cose non andranno così male come nel famoso romanzo di Stevenson, forse una trasformazione in positivo è ancora possibile e qualcuno non solo da noi, o forse più di noi, comincia a crederci: “Genova progetta un rinascimento mentre ricostruisce il suo ponte  (Lonelyplanet.Com 26 febbraio).

* L’articolo si basa sulle informazioni raccolte grazie alla piattaforma di analisi semantica Monitoring Emotion che opera su tecnologia WebDistilled. Il sistema è stato impostato in varie lingue per analizzare tutte le fonti, nazionali ed internazionali, disponibili – i social media, il web, i blog e le testate giornalistiche online, la carta stampata, le trasmissioni radio e tv digitalizzate. I monitoraggi attivati hanno riguardato il Pesto Genovese e il Ponte Morandi.