Questo articolo è stato pubblicato su Il Secolo XIX del 5 ottobre 2019.
Un mese fa a Tucson (Arizona) 181 amministratori delegati di alcune delle società più potenti del mondo hanno fatto un insolito, drammatico annuncio: “Massimizzare i profitti non è più la stella polare del business”. Nello stesso periodo a New York, attraverso una pagina pubblicitaria acquistata sul NY Times, 33 importanti società, fra le quali Amazon e Apple, hanno rivolto un appello agli imprenditori e manager americani: “Lavoriamo perché tutti capiscano che gli stakeholder, vale a dire i clienti, i fornitori, i dipendenti e l’intera comunità sono sullo stesso piano degli azionisti”. Centinaia di notizie di questo genere provenienti dalla patria del capitalismo e dell’economista Milton Friedman che nel 1962 in Capitalism and Freedom scriveva “Esiste una e una sola responsabilità sociale delle imprese: aumentare i profitti all’interno delle regole del gioco, non potevano che suscitare interesse in tutto il mondo con tanto di illustri commentatori che le hanno qualificate come “notizie shock”: “Dire queste cose solo pochi anni fa sarebbe equivalso a una bestemmia”.
Non bisogna fraintendere, non stiamo parlando di nuove formule di coscienza o di “buonismo economico”, ma di segnali di una rivoluzione copernicana su come fare business. “Lo scopo dell’attività economica, sostiene una avanguardia di imprenditori americani che in numero sempre maggiore si certificano B-Corp (Benefit Corporation), è lavorare per tutti e per il lungo termine, e una governance aziendale che ne tiene conto genera fiducia e crea valore”. Le imprese private si dovrebbero preoccupare degli aspetti sociali e ambientali non “dopo” il profitto ma “per” e “durante” la creazione del profitto, riuscendo a coniugare competizione e coesione sociale. Questa potremmo dire è l’essenza della co-economy e nel web gli esempi anche autocelebrativi di aziende e gruppi industriali, dall’immobiliare, al consumo, al mondo dei servizi, si contano ormai a centinaia dall’inizio dell’anno.
I messaggi e le testimonianze che ne parlano in modo specifico sono in media oltre 50 al giorno, più della metà in lingua anglosassone, ma se allarghiamo all’intero universo delle esperienze di condivisione e cooperazione economica arriviamo a quasi 400/giorno. In questo mare di dati spicca, il 19 settembre, in pieno Salone Nautico, un piccolissimo ma importante segnale di presidio genovese: una giornata dal titolo “Co-Economy, soluzioni contemporanee per fare impresa” dedicata in parte alla formazione manageriale e in parte a testimonianze di esperti, cui hanno aderito una cinquantina di manager e imprenditori presso “Condiviso”, un consorzio di imprese genovesi che si era trovato inconsapevolmente citato come “caso” nel primo libro sulla co-economy in Italia (Co-Economy. Un’analisi delle forme socio-economiche emergenti).
I contenuti più importanti comunicati in rete sono stati l’attenzione al sociale come criterio finanziario (Marco Busetto, Genera), la nuova catena del valore (Paolo Venturi, co-autore del libro sulla Co-Economy) e la “care society”, dopo la “società dei consumi“ (Daniela Ciaffi, Labsus). Significativa la presenza di Rafael Espinal jr, consigliere municipale di New York e responsabile del progetto di rigenerazione urbana definito il più completo nella storia della metropoli americana, venuto a Genova per studiare con Lega Coop il sistema cooperativo e l’impatto sociale nella città e ricevuto dal Sindaco Bucci.
La strada per una nuova stagione dell’imprenditoria, che costruirà il proprio successo sulla capacità di essere competitiva e al tempo stesso “civilmente consapevole” è ancora lunga ma già tracciata: il consumatore è sempre più disponibile (“Non ho bisogno del migliore telefono del mondo, ma il migliore mondo per il mio telefono”, tweet del 2 settembre), la speranza non manca (“Il #business è la più grande forza sul pianeta oggi. Se viene riorientato, può cambiare il mondo”, novembre 2018) e nemmeno i guastafeste: “Siamo spiacenti, ma i dirigenti aziendali non sono legalmente obbligati ad agire come i sociologi (news luglio 2019).