Una ricerca di B&F sui giovani di 18/25 anni dice che Internet rappresenta il 95% della comunicazione. E’ la “generazione Y” fortemente influenzata dal web. Persone “digital native” e “technosexual” che chattano invece di parlare, che usano poco la penna ma si inondano di SMS (il 42% invia da 10 a 19 messaggi al giorno). Sono la speranza del domani perché si trovano a proprio agio con le nuove tecnologie e perché sono ottimisti, creativi e disincantati. Vengono dopo gli “X”, la mia generazione. Anche noi sempre più nella rete, ma poco efficienti e pessimisti: la crisi dei valori, la sfiducia nelle istituzioni.  Negli USA, dove misurano tutto, “generazione Y” vuol dire 70 milioni di persone che spendono 172 miliardi di dollari l’anno. Business are business. Da noi i dati sono proporzionalmente equivalenti. Il problema è chiaro: come si comunica con questo universo?  Giornali e TV, un tempo creduti al 75%, sono crollati al  36%, mentre i blog passano da 30 a 67% e le opinioni da community da 50 a 73%.

Le organizzazioni discutibili buttano in rete parole violente e bugie ripetute finché non diventano verità. Si chiama “astro turf comunication”, l’obiettivo è il depistaggio.  Le oneste cercano di usare la rete facendo in modo che l’informazione passi dall’uno all’altro. Questo è “buzz marketing”, termine che ricorda il volo delle api, l’obiettivo è farsi amare. A proposito di api, 300.000 pagine su Google citano la frase attribuita a Einstein:  “Se le api dovessero scomparire all’uomo resterebbero 4 anni di vita”. Non è sua. L’hanno inventata gli apicoltori francesi in una manifestazione del 1994. E questo è “viral marketing”, il suo obiettivo è la notorietà.