Marc Prensky, studioso di innovazione e apprendimento, nel suo libro “La mente aumentata”, ad un certo punto si pone una domanda retorica: “Se abbiamo sempre più strumenti e tecnologie per allargare le  nostre capacità intellettuali e capire quello che succede, perché così tante cose ci sembrano accelerare all’impazzata e sfuggirci di mano?”. La risposta, a suo parere, è che più noi miglioriamo le nostre performance (ad esempio internet ci rende praticamente onniscienti e con i social onnipresenti), più il contesto in cui viviamo si espande, ma in maniera non lineare e così aumenta incertezza, confusione, delirio e ambiguità. David Eagle, sociologo americano, chiama questo fenomeno “VUCA” (Variability, Uncertainty, Chaos and Ambiguity). Noi siamo condannati a giocarci a rimpiattino in una gara che non quieta mai, stretti fra dubbi, angosce, vecchi rituali e nuove ossessioni. Soprattutto prigionieri della nostra paura di cambiare.

Prensky dice che dobbiamo sfruttare ogni tecnologia per ampliare ulteriormente le nostre menti, Einstein, meno prosaicamente, che “I problemi di domani non possono essere risolti con le menti di ieri”.