Sui social si comunica per quattro ragioni: farsi notare, farsi amare, aggredire e depistare. I contenuti aggressivi o con intenti di depistaggio, più degli altri, sono voluti e studiati per diventare il più possibile virali e venire ripresi più o meno consapevolmente o correttamente da chi vuol farsi notare, da chi è in cerca di appartenenze o semplicemente da persone che a loro volta intendono aggredire o depistare impunemente.

Quanto è avvenuto negli Stati Uniti durante l’elezione di Trump è inquietante e sta facendo scuola. Rileviamo segnali simili in Inghilterra (Brexit) e in Francia (prossime elezioni politiche). Anche da noi, durante la campagna referendaria, si è sempre più affermato uno stile di comunicazione che ha fatto emergere, man mano che si arrivava alla scadenza del 4 dicembre, una aggressività e una violenza verbale a dir poco inusuali.

Donald Trump il miliardario, che si vanta di non aver letto un libro da quando lo obbligavano a scuola, che ha insultato le donne e non solo, che viene sostenuto ufficialmente da gruppi impresentabili come il Ku Klux Klan per dirne uno, che le spara grosse e poi ci ripensa e poi rilancia ancora, è diventato Presidente degli Stati Uniti. Il suo successo viene accreditato alla virulenza del suo linguaggio, alla spregiudicatezza della sua persona e alla leadership progressiva nel mondo web di un sito che è riuscito a fare emergere la rabbia dell’estrema destra e a spargerla fra gli elettori, breitbart.com. Si tratta di un sito creato da Stephen Bannon, che è la persona che si è occupata della comunicazione del neo presidente, le cui news vengono più lette di New York Times, Washington Post e Wall Street Journal messi insieme. Bannon è sempre apparso come un gregario influente e misterioso, come Dart Fener in Guerre Stellari.

La tecnica di comunicazione che negli Stati Uniti è stata portata al massimo della sua efficacia è quella “dell’astroturfing” cioè una contro-informazione di contrasto continuo alle tesi avversarie basata su semplificazioni, esagerazioni, aggressioni verbali, volgarità e falsi credibili, riproposti in continuazione e, “quindi”, come già sosteneva il nazista Albert Speer consigliere personale di Hitler, “vere”. In questo tipo di comunicazione i contenuti contano assai meno della continua aggressione verbale, della comunicazione urlata e di concetti semplificati anche a rischio della contraddizione o del nonsenso. Questa modalità di agire è praticamente impunita perché raramente sconfina nella diffamazione, anche ammesso che si possa risalire alla fonte e la si voglia denunciare.

Molto più in piccolo che negli USA questa modalità di comunicare sta prendendo campo anche in Europa. In Italia ne abbiamo avuto qualche assaggio durante il referendum. Servirebbe dunque una nuova legge in grado di colpirla (come già accade in alcuni stati), perché questo stile sta avvelenando e falsando la competizione politica e la sana concorrenza fra gruppi industriali.

Affidarsi al buon senso, o all’equilibrio fra le diverse opinioni presenti in Rete, non basta quando i geniali Dart Fener, per compiacere imperatori di turno, si lasciano corrompere dal Lato Oscuro.