Il costo di una errata valutazione della cultura aziendale è più evidente quando ci si trova di fronte ad un cambiamento indotto dalla tecnologia o dalla fusione di organizzazioni diverse. O quando si cerca di cambiare rotta, per esempio con l’arrivo di un nuovo manager o con il passaggio generazionale della proprietà. Chi attiva l’innovazione è in genere consapevole “dell’impatto organizzativo” ma spesso non considera sufficientemente l’importanza (e la complessità!) della “cultura”. La “cultura” di una organizzazione è un tema e un problema di livello professionale “gerarchicamente superiore” rispetto agli altri che entrano in gioco (la strategia, la pianificazione, la comunicazione, la tecnologia, eccetera). Ma cos’è la cultura?

La difficoltà di definirla sta nel suo mimetismo e nella confusione linguistica sull’argomento (cultura è: valori? abitudini? rituali? competenze? storia? tutto questo assieme?).  Impossibile uscirne senza dire tutto e il contrario di tutto e, conseguentemente, impossibile cogliere il peso anche economico di questo intangibilissimo – ma tutt’altro che inconsistente – fattore della produzione.

Più utile pensare a tre cerchi concentrici da attraversare. Il più largo – e più praticato da manager e consulenti operativi – è quello delle strutture e dei processi organizzativi visibili: l’organigramma, le regole, il modo di lavorare. Il cerchio di mezzo riguarda la visione, gli obiettivi alti, la strategia ed è anch’esso (abbastanza) praticato da manager e consulenti strategici. Il terzo, e più piccolo cerchio, è il profondo mistero che regola le cose dell’organizzazione.

Il sociologo Edward Schein già nel 1985 ne aveva colto la potenzialità, e lo chiamava “livello degli assunti taciti condivisi”. Scriveva che era composto “da convinzioni inconsce e date per scontate”, “da pensieri di base”, “da sentimenti e emozioni”.

La scoperta di questo vero e proprio fattore della produzione è stata fatta grazie all’osservazione di due imprese di successo che, pur dichiarando di abbracciare gli stessi valori (la qualità, il lavoro di squadra, il rispetto del cliente), avevano un modo di lavorare diametralmente opposto per quanto riguardava i rapporti fra le persone, l’organizzazione, addirittura il modo di vestirsi. Avrebbero dovuto essere simili, ma non lo erano.

Ancora più eclatanti i casi di inserimento di nuovi manager in organizzazioni consolidate, oppure l’avvio di nuove tecnologie. In una importante moderna impresa del nord Italia, che aveva deciso l’inserimento a oltranza di nuovi processi di Information Technology, si è arrivati quasi all’isteria collettiva. Perché? se apparentemente erano tutti d’accordo che si dovesse fare?

“I membri di una organizzazione – dice Schein spezzando una lancia a favore della consulenza esterna – non potrebbero immediatamente spiegare la loro cultura più di quanto un pesce, se potesse parlare, saprebbe dire cos’è l’acqua”.